Coi messaggi WhatsApp si può finire in tribunale

Occhio ai messaggi WhatsApp che si scrivono. Quando si scrive sui social o sulle app di messaggistica come WhatsApp, bisogna essere consapevoli che le parole hanno un peso. La comunicazione virtuale non deve far pensare di essere liberi di dire ciò che si vuole, offendendo le altre persone. Esistono diversi profili fake creati appositamente sui social network per offendere qualcuno e creare scompiglio, ma si tratta di reati che possono generare conseguenze penalistiche.

A cosa possono portare determinati messaggi WhatsApp

Dunque, non solo aggiornamenti software per l’app, come quello trattato in passato, considerando quanto raccolto sui messaggi WhatsApp. Tale situazione riguarda anche il mondo di WhatsApp, infatti la Cassazione ha dichiarato che si può essere accusati di reato di diffamazione anche chi utilizza in modo improprio lo stato di WhatsApp. Sui social network, come ad esempio Facebook, già da tempo si rischia di essere denunciati per questo tipo di reato quando si utilizzano frasi offensive o addirittura immagini che possono compromettere un altro utente.

Come però molti sapranno da un bel po’ di tempo è stato introdotto lo “stato” anche su WhatsApp, ossia la possibilità di pubblicare immagini o frasi su tale app di messaggistica che possono essere letti o visti dai propri contatti presenti in rubrica. Queste frasi o immagini hanno la stessa durata delle storie di Instagram, entro 24 ore si autoeliminano. Se sono oggetto di offese, ecco che d’ora in poi tutto cambia.

Con la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, anche per WhatsApp, i giudici avevano ritenuto configurabile il delitto di diffamazione e non la mera ingiuria aggravata (non punibile penalmente perché depenalizzata) nel caso in cui le offese siano scritte in una chat di gruppo. Qualcosa quindi stava cambiando anche per WhatsApp, ma durante l’ultima sentenza, quella dell’8 settembre 2021, anche lo stato su WhatsApp è punibile se si tratta di un’offesa.

Se quindi si pubblica uno stato su WhatsApp con la volontà di ferire una determinata persona tramite parole o immagini offensive, d’ora in poi si verrà puniti con il reato di diffamazione. Attenzione quindi a tutto ciò che scrivete o pubblicate sui social network e tramite messaggi WhatsApp.

Affinché un messaggio WhatsApp possa costituire una prova in giudizio, è necessario rispettare specifiche condizioni volte a garantirne autenticità e integrità:

Non disconoscimento. I messaggi (o gli screenshot che li riproducono) fanno piena prova dei fatti e delle circostanze che rappresentano, a meno che la parte contro cui sono prodotti non ne contesti in modo esplicito e circostanziato la conformità o l’autenticità.

Onere della contestazione. La semplice negazione non basta. La parte che contesta deve fornire una spiegazione convincente o elementi concreti (ad esempio, prove tecniche) che mettano in dubbio l’autenticità o la manipolazione del documento digitale.

Verifica di provenienza e attendibilità. È fondamentale che sia dimostrata l’origine certa del messaggio. La giurisprudenza ha comunque stabilito che l’acquisizione tramite screenshot è legittima e, se non contestata, è sufficiente a garantire la validità della prova.

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