Si sa che salute e lavoro vanno a braccetto, specialmente quando il lavoro è precario e persino quando “non c’è”, per via della disoccupazione. Secondo una ricerca eseguita dalla Duke University, che ha provveduto a testare la salute di oltre 13.000 cittadini Usa, precari e licenziati avrebbero il 25% di incorrere in problemi cardiovascolari, fino ad essere interessati da infarto.
Disoccupazione, precarietà e infarto – Il fenomeno
In genere a far notizia sono i suicidi provocati dalla crisi finanziaria, tuttavia, gli effetti negativi dati dalla difficile situazione economica internazionale sono molteplici. Disoccupazione e precarietà, infatti, vanno a minare la salute dei cittadini in vari modi: depressione, attacchi cardiaci, stress oltre i livelli di guardia con conseguente abbassamento delle difese immunitarie, etc. Pericoli che diventano sempre più consistenti invecchiando.
Disoccupazione, precarietà e infarto – Lo studio
Tornando alla ricerca della Duke University, pubblicata di recente su “Archives of Internal Medicine“, che ha riguardato più di 13.000 cittadini americani con un’età compresa fra i cinquantuno e i settantacinque anni, nessuno dei soggetti monitorati era stato interessato da un attacco di cuore prima di prendere parte allo studio.
Dei tredicimila cittadini monitorati, ben 1.061 sono stati interessati da infarto nel corso della ricerca. Dalla stessa, è emerso che coloro che perdevano il lavoro avevano il 22% in più di probabilità di incorrere in questa problematica, rispetto a quelli che potevano contare su una certa stabilità lavorativa. Rischio infarto più elevato del 60%, invece, per coloro che erano stati interessati da almeno 4 licenziamenti nel corso della propria vita.
Disoccupazione e precarietà – Conclusioni
Alla luce dei dati che emergono dallo studio Usa, i danni provocati da precarietà e disoccupazioni sono comparabili a quelli derivanti da pressione alta, fumo e altre problematiche estremamente nocive per il cuore.
Lo stress provocato dalla perdita del lavoro non parrebbe in grado da solo di causare un infarto, tuttavia, può finire con l’essere un agente scatenante in tutti coloro interessati da malattie cardiache e arterie occluse.