Assegno universale: come sostenere la famiglia

La fonte proviene dal blog di Beppe Grillo, ma la discussione per un welfare universale è di dominio pubblico e soprattutto internazionale. Qual è la soluzione ideale per evitare la divisione sempre maggiori tra le classi sociali? Il periodo storico a causa del coronavirus non è dei migliori, molte persone hanno già perso il lavoro, altri si sono visti dimezzare i profitti. Come evitare quindi un’ecatombe mondiale per l’economia familiare e quella generale?

In un paese come L’Italia poi, dove è sempre più difficile mantenere una famiglia, è importante che il Governo si prodighi per sostenere l’importanza di essere genitori con tutti i mezzi adeguati del caso e soprattutto UNICI, senza doversi barcamenare in una burocrazia infernale che spesso non porta a risultati se non la fatica impiegata per raggiungerli. Il welfare si rifà alla proposta di legge presentata in camera il mese scorso dove il governo prometteva di riordinare questo sistema complesso per ridare dignità alle famiglie ed il coraggio di formarne di nuove. Le tempistiche annunciate sono state per un massimo di due anni con base il Family Act già approvato.

L’unicità non sarà l’unico requisito di questo assegno che infatti sarà anche universale senza distinzione genitoriale, in modo che tutti possano accedervi; equo ovvero adeguato allo sforzo che crescere figli comporta; progressivo ovvero maggiorato per ogni figlio successivo al primo, andando a modificare la costituzione ed infine inclusivo cosicché nessuna famiglia venga esclusa dal reddito. A proposito di reddito è stato precisato che questo assegno sarà completamente compatibile con chi percepisce già quello di cittadinanza perché la lotta alla povertà non significa escludere anche la genitorialità.

Le famiglie con figli disabili possono ricevere maggiorazioni dal 30 al 50% senza limiti di età. Per quanto riguarda le altre famiglie il limite d’età massimo è di 21 anni e potrà anche essere richiesto direttamente dal figlio maggiorenne qualora proseguisse gli studi o fosse ancora impegnato nella ricerca di occupazione. Una riforma di buon senso che dovrebbe cambiare in un sistema che è sempre meno in grado di sostenere l’occupazione, soprattutto quella femminile e le famiglie che decidono di restare nel proprio Paese.

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